Un anno e mezzo fa mi sono ritrovato a guidare un treno decisamente particolare: quello di Binario 9 ¾ Destinazione Comunicazione. Come il fatato convoglio di Hogwarts conduce tutti noi, ogni mercoledì, verso luoghi magici e inaspettati. A me che sono cresciuto guardando Star Trek piace figurarmelo anche come l’astronave Enterprise, in permanente esplorazione verso nuovi e strani mondi, mettendo in relazione cose apparentemente lontane: comunicazione, giornalismo, innovazione, letteratura, storia, tecnologia.
Binario è nato in un podere agricolo, sullo sfondo della bella campagna emiliana, fortemente voluto da una “pazza visionaria” come ama definirsi Marisandra Lizzi, Founder dell’agenzia Mirandola Comunicazione e della piattaforma di lettura e comunicazione iPressLIVE. “Le idee migliori — scriveva Erasmo da Rotterdam — non vengono dalla ragione, ma da una lucida, visionaria follia.” E sembra essere stato così per Binario.
Quando la newsletter iniziò a muovere i primi passi non mancarono, soprattutto tra gli addetti ai lavori, le perplessità. Per quanto mi riguarda da un lato ero consapevole che le newsletter erano sotto certi aspetti un prodotto “old fashion” della Rete, legato alla protostoria se non alla preistoria di Internet. Al contempo però ero curioso di sperimentare questo strumento che per me era totalmente nuovo. Come giornalista fino ad allora avevo scritto di omicidi (purtroppo), politica, intervistato capitani d’industria, scrittori e startupper, raccontato il fallimento di una squadra di calcio (il povero Parma, poi per fortuna risorto dalle ceneri); mai però una newsletter, alla quale mi sono avvicinato con lo spirito del buon vecchio capitano Picard, pronto ad esplorare nuovi mondi, con curiosità, mente aperta e molta umiltà.
E di numero in numero, Binario sembrava sempre meno un’idea folle e sempre più una valida intuizione. E soprattutto uno strumento che rispondeva a una domanda — spesso anche da parte di persone di altissimo livello professionale e culturale — che avevano bisogno di trovare una modalità di lettura che fosse meno in mano alla “casualità” algoritmica dei social. Letture che esprimessero inoltre un modo giornalisticamente diverso di affrontare i problemi, lasciando più spazio alle analisi che ai giudizi. Articoli che trattassero anche temi diversi, magari molto lontani dagli ambiti professionali di riferimento per aprire uno sguardo sul mondo. È stato soprattutto ascoltando tutti questi feedback che Binario si è progressivamente evoluto. Tanto che sono partiti altri treni diretti verso altre direzioni, oltre al nostro dedicato alla comunicazione. Un percorso che è tutt’altro che finito. Personalmente posso dire di essere cambiato insieme a lui, di mercoledì in mercoledì.
Molto in effetti è mutato da quando il treno di Binario ha lasciato per la prima volta la stazione. Oggi le newsletter sono diventate uno dei principali canali di informazione, un nuovo modo di raccontare, di fare comunicazione e anche giornalismo. “Il cambiamento più profondo portato dal digitale al mercato delle news, è stata la perdita da parte delle testate dell’attività di curatela. Un giornale non produce solo contenuti. È strutturato anche per dirti quali storie sono importanti abbastanza per meritarsi un richiamo in prima pagina, e quali si meritano solo un box a pagina 11. Quella cura e quel contesto rappresentano gli ingredienti imprescindibili per il patto col lettore: non stai ricevendo solo più informazione, ma la giusta informazione […]. Gran parte dello sviluppo di nuovi prodotti di successo nel mondo delle news nell’ultimo decennio è stato quello di ricatturare quel potere di curatela. Questo è quello che fanno i podcast e le newsletter. Danno al lettore qualcosa che valga la pena di essere ascoltato o letto fidandosi della testata, piuttosto che affidarsi a un algoritmo di Facebook”.
Questo fondamentale articolo pubblicato su NiemanLab da Joshua Bentonmi pare esprima perfettamente il valore che oggi hanno assunto le newsletter, abbracciate con sempre maggiore convinzione pure da grandi quotidiani come il New York Times. Molto buon giornalismo, anche in Italia, oggi passa su questi canali. In uno degli ultimi numeri di Binario abbiamo per esempio parlato della newsletter di Francesco Costa — Da Costa a Costa — un prodotto nato come un esperimento personale che oggi è diventato un punto di riferimento per 20mila lettori che vogliono informarsi sulla politica americana, ma anche Silicio di Eugenio Cau, Digital Journalism di Francesco Oggiano.
Canale per raccontare storie, per sperimentare nuove modalità di giornalismo e costruire liste di senso che servono a “rimescolare il mondo e far scaturire nuovi rapporti tra cose lontane”, come scriveva Umberto Eco. Considero Binario un po’ tutto questo: uno strumento per riflettere, che aiuti a stimolare un approccio costruttivo ai problemi, valorizzando il buon giornalismo, e che in ultima istanza — ed è l’obiettivo mi rendo conto più ambizioso — possa generare conoscenza.
Tutto ciò si traduce — professionalmente e personalmente — in una sfida quotidiana estremamente stimolante. La selezione non è un processo né meccanico né statico, ma dinamico. I contenuti dialogano tra di loro, anche quando non ne siamo consapevoli. Si influenzano, vivono in un costante rapporto dialettico. Spesso finiscono con l’offrire più domande che certezze. Eppure posso dire che questo costante e quotidiano confronto tra voci spesso discordi e diverse mi ha migliorato come giornalista; mi ha dato profondità, mi ha reso un lettore più attento, aiutandomi a non essere travolto da quella cacofonia informativa in cui oggi tutti siamo immersi, rischiando di affogare.
Non esiste credo un metodo scientifico per la selezione degli articoli, né penso ci siano particolari segreti per costruire una buona newsletter, salvo uno: leggere, leggere e ancora leggere. Scelgo un contenuto perché mi incuriosisce, perché mi stimola a vedere le cose da una prospettiva diversa, perché magari evidenzia un problema che neppure intuivo come tale. Scelgo un testo, un video, un podcast, un’altra newsletter con la speranza che possa suscitare nuovo pensiero.
Mi rendo conto che sia un processo assai entropico, poco sistematico. Probabilmente è così, e non è sempre facile avere ogni settimana nove articoli e tra questi un nucleo che possa raccontare una storia, evidenziare un tema. Non è stato certamente semplice in questi ultimi mesi proporsi il mercoledì ai lettori, mentre nel mondo esplodeva la pandemia, un evento per il quale non avevamo riferimenti, paradigmi. Non è stato facile presentarsi ai lettori mentre dominavano narrazioni tragiche, drammatiche, l’infodemia dilagava, si era inondati da fake news, la stessa conoscenza scientifica cedeva il posto alla scienza patologica. Non è stato semplice non parlare di Covid-19 o tentare di raccontarlo in modo diverso.
Eppure quell’apparente entropia delle selezioni alla fine ha rappresentato una delle poche bussole. Ha permesso di scoprire nuove fonti, libri, podcast, persino film e serie TV. Ha spinto a creare i nostri Punti di Vista, oggi parte integrante della newsletter. Luoghi di riflessione, di emozioni, di considerazioni personali, che si sono affiancati ai tradizionali contenuti, stabilendo nuove relazioni e stimolando la nascita di nuove chiavi di lettura e interpretazione.
I Punti di Vista e questo continuo esercizio di selezioni nei giorni burrascosi sono stati un Virgilio, una guida quando non si sapeva da che parte cominciare, quando lo sconforto rischiava di prendere il sopravvento. Al pari del capitano Picard mi hanno ricordato che possediamo strumenti fondamentali per percorrere nuove rotte: “Openess, optimism, and the spirit of curiosity”. Binario nel lockdown è diventata la Luce Verde di cui parlava Francis Scott Fitzgerald. Non per remare come “barche controcorrente, risospinti senza sosta nel passato”, ma per studiare il presente e immaginare il futuro.